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Sulle ali di un sogno

- Sulle ali di un sogno - di Luigi Bruno

Credo che la mola sia scattata in lui verso i suoi 14 anni; la nostra famiglia era "sfollata" a Siena a causa della guerra, quando decise di andare a lavorare presso un presidio militare americano che, come tanti altri, si era insediato in città e dove la sua capacità organizzativa, la sua forza di volontà e la sua caparbietà lo portarono ad intessere amicizia con i soldati ed in particolare con un sergente, il quale, notate tali capacità, lo prese a ben volere e gli propose di seguire il comando a Firenze, dove era stato trasferito per un immediato rientro negli stati Uniti, per poi fargli tentate il grande salto oltremare. L’intervento categorico dei nostri genitori lo dissuase dal fargli accettare tale proposta.
Una volta che andai a trovarlo a S.Francisco mi raccontò di avere incontrato, dopo tanti anni, quel sergente con il quale scambiò alcune battute, dopo un festoso riconoscimento, per poi perderne le tracce.
Terminata la guerra, al nostro rientro a Trapani, la sua prima preoccupazione fu quella di mettersi in contatto con nostro zio Nicholas (Nicolino) Bruno il quale risiedeva in Monroe Louisiana da molti anni e che aveva sempre mantenuto contatti con la nostra famiglia.
Attraverso le sue corrispondenze e le sue fotografie, nonché con l’invio di tanti pacchi dono che rappresentavano, in quei momenti difficili, un grande vantaggio, e che davano, nel contempo, la misura della ricchezza esistente in quel paese, l’idea di Franco per un mondo migliore gli creò una più forte determinazione.
Le difficoltà di trovare un lavoro lo spingevano ancor più a chiedere alo zio Nick di inviargli il tanto agognato "atto di richiamo.
Le leggi americane del tempo, però, non consentivano facilmente immigrazioni dall’Italia. nonostante ciò non si arrese.
Il suo desiderio si acuì ancor più al ritorno di nostra zia Caterina (Titì) Bruno dalla Louisiana dove, nel 1950, si era recata per fare visita al fratello Nick.

I suoi racconti sul modo di vivere della famiglia del fratello rispondevano all’idea che Franco si era fatto su quel mondo pieno di risorse e di benessere.
Cosa poteva fare?
Intanto i continui contatti con il Consolato Usa di Palermo lo gettavano in uno stato di prostrazione che lo spingevano a non impegnarsi in alcuna attività che potesse rappresentare il suo futuro in Italia.
Si rivolse, allora, alla Ambasciata america a Roma, la quale, pur continuando a negare la possibilità di immigrazione sulla scia di quanto detto dal Consolato di Palermo, lo mise, nel 1955, con un organismo il War Relief Service – NCWC, che in base al Refugee act del 1953, si interessava a casi come quello di Franco. Si aprì, così, un nuovo spiraglio.
Fitta corrispondenza, documenti, curriculum, notizie sulla situazione della famiglia e sul fatto che a causa della guerra era stata costretta ad andare via dalla Tunisia dove nostro padre lavorava, incominciarono a fare la spola tra Trapani e Roma.
L’orizzonte incominciò a schiarirsi e lo zio Nick diede tutto il suo incondizionato appoggio e, finalmente, il tanto agognato "visto", fu concesso. Scattarono quindi i preparativi per la partenza.
Nel febbraio del 1956, a 26 anni di età, Francesco Paolo (Franco) Bruno partì in aereo da Roma per raggiungere lo zio Nick in Louisiana.

Ritaglio di un gionale americanoAl suo arrivo, dopo un periodo di ambientazione, si rese conto di trovarsi in una realtà diversa dalla nostra; non conosceva la lingua, fatto questo che gli creava delle grandi difficoltà per capire la gente e per cercare quello che avrebbe potuto fare in quell’ambiente, inoltre ciò determinava anche la scarsa possibilità di trovare lavoro.
Comunque non si scoraggiò proprio perché quello era l’inizio del suo sogno, perché era abituato a lavorare duro ed intensamente e perché aveva imparato a sue spese a risolvere da solo i problemi della vita, tra l’altro era rimasto responsabile della nostra famiglia in quanto nostro padre era morto poco tempo prima.
Dalle suecorrispondenze si evince che il primo contatto con la realtà americana è stato oltremodo difficile. Iniziò subito a cercare contatti per uscire da questa situazione che, a parer suo, non gli dava spiragli per il suo avvenire. Una persona gli offrì del lavoro in Florida ed uno zio della fidanzata gli offrì la possibilità di trasferirsi in California.Da una sua lettera dell’11 maggio 1956 si rileva tutta la sua delusione e che l’amarezza è sconfinata;dopo un primo periodo di ambientamento riuscì a comprendere che la Louisiana non poteva rappresentare la base per il conseguimento del suo sogno. Fatta la scelta, accettò la proposta: decise di fare il grande salto, di correre il rischio di un’altra avventura che poco si addiceva alle condizioni di incertezza in cui si trovava e partì per San Francisco.
L’arrivo in tale città gli creò un grande entusiasmo, una grande frenesia di fare, un convincimento che quello era il luogo ideale per il suo futuro. Due giorni dopo scrisse di essere arrivato e si può notare una ripresa psicologica ed un maggior conforto per la possibilità di trovare lavoro. 

Però le difficoltà furono immense. Dopo il lavoro, il primo dei quali fu abbastanza duro, andava a scuola perannuncio sul giornale potere imparare la lingua e dove incontrava tanti giovani italiani nelle sue stesse condizioni e con i quali legò rapporti di amicizia che durarono tutta la vita. Le su capacità lo indussero a cercare e trovare un lavoro più qualificato che gli consentì, dopo il primo anno di permanenza, di tornare in Italia per sposare la fidanzata, la quale lo poté raggiungere l’anno successivo.A questo punto, si può ben dire, sentiva di avere trovato il "luogo" ideale in cui gettare le basi per fare divenire il suo sogno una realtà viva e palpitante.
La nascita di Marina e poi di Flavia incominciò a creare i problemi connessi ad una famiglia da sostentare. Le risorse erano ancora poche anche se bastevoli a mantenere un discreto tenore di vita.
La sua mente erra alla ricerca di quel qualcosa che avrebbe dovuto fargli risolvere tutti i suoi problemi. Trovò lavoro presso una ditta di carni insaccate ed anche in questa occasione dimostrò la sua capacità ed una volontà tali da farsi avanti ed essere apprezzato, tanto che gli vennero fatte delle proposte di lavoro allettanti per migliorare le sue condizioni economiche. Sarebbe stato, comunque, sempre alle dipendenze di altri in un lavoro che non avrebbe lasciato spazio alla sua esigenza di fare di più.
Non si sentiva soddisfatto della condizione di lavoro, per quanto allettante, e da una routine di vita che gli creava particolari stati di abbattimento; voleva lavorare per conto proprio per misurare le sue capacità. 

Sulle ali di un sogno

- Sulle ali di un sogno - di Luigi Bruno

Credo che la mola sia scattata in lui verso i suoi 14 anni; la nostra famiglia era "sfollata" a Siena a causa della guerra, quando decise di andare a lavorare presso un presidio militare americano che, come tanti altri, si era insediato in città e dove la sua capacità organizzativa, la sua forza di volontà e la sua caparbietà lo portarono ad intessere amicizia con i soldati ed in particolare con un sergente, il quale, notate tali capacità, lo prese a ben volere e gli propose di seguire il comando a Firenze, dove era stato trasferito per un immediato rientro negli stati Uniti, per poi fargli tentate il grande salto oltremare. L’intervento categorico dei nostri genitori lo dissuase dal fargli accettare tale proposta.
Una volta che andai a trovarlo a S.Francisco mi raccontò di avere incontrato, dopo tanti anni, quel sergente con il quale scambiò alcune battute, dopo un festoso riconoscimento, per poi perderne le tracce.
Terminata la guerra, al nostro rientro a Trapani, la sua prima preoccupazione fu quella di mettersi in contatto con nostro zio Nicholas (Nicolino) Bruno il quale risiedeva in Monroe Louisiana da molti anni e che aveva sempre mantenuto contatti con la nostra famiglia.
Attraverso le sue corrispondenze e le sue fotografie, nonché con l’invio di tanti pacchi dono che rappresentavano, in quei momenti difficili, un grande vantaggio, e che davano, nel contempo, la misura della ricchezza esistente in quel paese, l’idea di Franco per un mondo migliore gli creò una più forte determinazione.
Le difficoltà di trovare un lavoro lo spingevano ancor più a chiedere alo zio Nick di inviargli il tanto agognato "atto di richiamo.
Le leggi americane del tempo, però, non consentivano facilmente immigrazioni dall’Italia. nonostante ciò non si arrese.
Il suo desiderio si acuì ancor più al ritorno di nostra zia Caterina (Titì) Bruno dalla Louisiana dove, nel 1950, si era recata per fare visita al fratello Nick.

I suoi racconti sul modo di vivere della famiglia del fratello rispondevano all’idea che Franco si era fatto su quel mondo pieno di risorse e di benessere.
Cosa poteva fare?
Intanto i continui contatti con il Consolato Usa di Palermo lo gettavano in uno stato di prostrazione che lo spingevano a non impegnarsi in alcuna attività che potesse rappresentare il suo futuro in Italia.
Si rivolse, allora, alla Ambasciata america a Roma, la quale, pur continuando a negare la possibilità di immigrazione sulla scia di quanto detto dal Consolato di Palermo, lo mise, nel 1955, con un organismo il War Relief Service – NCWC, che in base al Refugee act del 1953, si interessava a casi come quello di Franco. Si aprì, così, un nuovo spiraglio.
Fitta corrispondenza, documenti, curriculum, notizie sulla situazione della famiglia e sul fatto che a causa della guerra era stata costretta ad andare via dalla Tunisia dove nostro padre lavorava, incominciarono a fare la spola tra Trapani e Roma.
L’orizzonte incominciò a schiarirsi e lo zio Nick diede tutto il suo incondizionato appoggio e, finalmente, il tanto agognato "visto", fu concesso. Scattarono quindi i preparativi per la partenza.
Nel febbraio del 1956, a 26 anni di età, Francesco Paolo (Franco) Bruno partì in aereo da Roma per raggiungere lo zio Nick in Louisiana.

Ritaglio di un gionale americanoAl suo arrivo, dopo un periodo di ambientazione, si rese conto di trovarsi in una realtà diversa dalla nostra; non conosceva la lingua, fatto questo che gli creava delle grandi difficoltà per capire la gente e per cercare quello che avrebbe potuto fare in quell’ambiente, inoltre ciò determinava anche la scarsa possibilità di trovare lavoro.
Comunque non si scoraggiò proprio perché quello era l’inizio del suo sogno, perché era abituato a lavorare duro ed intensamente e perché aveva imparato a sue spese a risolvere da solo i problemi della vita, tra l’altro era rimasto responsabile della nostra famiglia in quanto nostro padre era morto poco tempo prima.
Dalle suecorrispondenze si evince che il primo contatto con la realtà americana è stato oltremodo difficile. Iniziò subito a cercare contatti per uscire da questa situazione che, a parer suo, non gli dava spiragli per il suo avvenire. Una persona gli offrì del lavoro in Florida ed uno zio della fidanzata gli offrì la possibilità di trasferirsi in California.Da una sua lettera dell’11 maggio 1956 si rileva tutta la sua delusione e che l’amarezza è sconfinata;dopo un primo periodo di ambientamento riuscì a comprendere che la Louisiana non poteva rappresentare la base per il conseguimento del suo sogno. Fatta la scelta, accettò la proposta: decise di fare il grande salto, di correre il rischio di un’altra avventura che poco si addiceva alle condizioni di incertezza in cui si trovava e partì per San Francisco.
L’arrivo in tale città gli creò un grande entusiasmo, una grande frenesia di fare, un convincimento che quello era il luogo ideale per il suo futuro. Due giorni dopo scrisse di essere arrivato e si può notare una ripresa psicologica ed un maggior conforto per la possibilità di trovare lavoro. 

Però le difficoltà furono immense. Dopo il lavoro, il primo dei quali fu abbastanza duro, andava a scuola perannuncio sul giornale potere imparare la lingua e dove incontrava tanti giovani italiani nelle sue stesse condizioni e con i quali legò rapporti di amicizia che durarono tutta la vita. Le su capacità lo indussero a cercare e trovare un lavoro più qualificato che gli consentì, dopo il primo anno di permanenza, di tornare in Italia per sposare la fidanzata, la quale lo poté raggiungere l’anno successivo.A questo punto, si può ben dire, sentiva di avere trovato il "luogo" ideale in cui gettare le basi per fare divenire il suo sogno una realtà viva e palpitante.
La nascita di Marina e poi di Flavia incominciò a creare i problemi connessi ad una famiglia da sostentare. Le risorse erano ancora poche anche se bastevoli a mantenere un discreto tenore di vita.
La sua mente erra alla ricerca di quel qualcosa che avrebbe dovuto fargli risolvere tutti i suoi problemi. Trovò lavoro presso una ditta di carni insaccate ed anche in questa occasione dimostrò la sua capacità ed una volontà tali da farsi avanti ed essere apprezzato, tanto che gli vennero fatte delle proposte di lavoro allettanti per migliorare le sue condizioni economiche. Sarebbe stato, comunque, sempre alle dipendenze di altri in un lavoro che non avrebbe lasciato spazio alla sua esigenza di fare di più.
Non si sentiva soddisfatto della condizione di lavoro, per quanto allettante, e da una routine di vita che gli creava particolari stati di abbattimento; voleva lavorare per conto proprio per misurare le sue capacità. 

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